Freenet: metterà in crisi la legislazione sul copyright?

 

Di Kevin Featherly, Newsbytes
Santa Monica, California, U.S.A.

20 Marzo 2001, 2:44 PM CST

 

Secondo Ian Clarke, questa è un'epoca in cui le leggi sul copyright e il diritto alla libertà di espressione non possono coesistere. Uno dei due termini della contraddizione deve sparire. E, se deve esprimere un suo parere, Ian ritiene che tra i due, a sparire, non sarà il secondo.

Di giorno, Clarke è capo del dipartimento tecnologico della Uprizer, situata a Santa Monica in California, che Clarke descrive come una ditta produttirce di software privo di qualsivoglia implicazione controversa. La sua vera vocazione, spiega, è nel suo hobby, che è anche l'attività che lo sta rendendo famoso.

Clarke è il fondatore e il coordinatore del progetto Freenet, un progetto open-source per lo scambio di contenuti definito da molti come il successore di Napster, o addirittura come una versione inattaccabile dello stesso, per via del suo potenziale utilizzo come supporto per lo scambio anonimo di files MP3.

Dal progetto Freenet è infatti germogliato Espra.net, che nelle intenzioni dovrebbe diventare una sorta di Napster più sicuro. Ma nei propositi di Clarke, Freenet dovrebbe essere molto più che un supporto per scambiare musica, documenti, filmati e immagini; attività comunque possibile grazie alla piattaforma online. In sostanza, Freenet è l'incarnazione online del pensiero politico profondamente libertario di Clarke.

"Fondamentalmente", spiega Clarke, "Freenet rappresenta un tentativo di garantire una reale libertà di espressione. La legge sul copyright, in alcune circostanze, pone dei limiti alla comunicazione. Per questo Freenet, per raggiungere il suo scopo, deve prevenire l'imposizione delle leggi sul copyright".

Il ronzio che sentite è quello prodotto dalle vespe che escono in massa dal vespaio. Dopo tutto, c'è un sacco di gente che fa affidamento sui diritti d'autore per guadagnarsi da vivere, o per mandare avanti il proprio business.

Il copyright rappresenta il diritto esclusivo di pubblicare, riprodurre e vendere un prodotto letterario, musicale o artistico; o almeno, questa era la definizione che ne dava l'edizione 1996 del Webster's New Collegiate Dictionary. Questa definizione però fu coniata prima si cominciasse ad applicare le leggi sul copyright a cose come i Rotoli del Mar Morto o la versione e-book di "Alice nel Paese delle meraviglie". E, naturalmente, prima dell'avvento di Internet.

In tempi più recenti, la definizione del concetto di diritto d'autore è stata al centro del caso Napster. Tra le altre, sono entrate in gioco dispute riguardanti Contentville.com, il servizio online di Steven Brill, e la diffusione telematica degli strumenti di decrittazione che permettono agli utenti di crackare e copiare i DVD.

Nel frattempo, l'industria dell'intrattenimento gestisce il Digital Millennium Copyright Act (DMCA) come fosse un club. Questa legge del 1998 è stata spesso impugnata per imporre la chiusura di quei siti Web che in qualche modo incoraggiavano l'inosservanza del copyright. Secondo quanti si contrappongono alle leggi sul copyright, il suo scopo originario è stato tradito da quelle industrie che rifiutano di adattarsi alla domanda crescente di un accesso immediato ed economico ai contenuti digitali. Clarke è d'accordo con questa opinione, ma si spinge ancora più avanti.

Ritiene infatti che il concetto stesso di copyright non abbia più senso nell'era digitale. "Sono dell'avviso", dichiara, "che il copyright si sia rivelato un fallimento; oltre ad essere fondato su un concetto che semplicemente non corrisponde a verità: ovvero, che l'informazione sia una proprietà".

Tuttavia, se Freenet corrisponderà alla descirizione che Clarke ne ha fatto, questo concetto verrà messo in crisi. Tutti, e nessuno al tempo stesso, saranno in possesso dell'informazione, in tutte le sue forme: dalla parola scritta ai film alla musica. Il reperimento dell'informazione sarà libero per tutti, in qualsiasi momento, senza costi e senza rischio di sanzioni.

Freenet è il parto della mente di Clarke, prodotto nel Luglio del 1999, quando Ian era ancora uno studente di intelligenza artificiale e scienze informatiche all'università di Edimburgo. In un documento scritto per un esame, Clarke descrisse il progetto di una rete diffusa per la condivisione di files, nell'ambito della quale tutti gli utenti potessero scegliere liberamente se conservare o meno l'anonimato. Rese pubblica la sua idea su Internet e, analogamente a quanto accadde con il sistema operativo Linux, rese possibile a collaboratori da tutto il mondo modificarla, migliorarla e metterla a punto. Freenet fu infine rilasciato su Internet nel Marzo del 2000.

A differenza di quanto avviene su Napster, Freenet non ha un server centrale per la distribuzione, ma solo un'interfaccia stile web tramite la quale gli utenti possono ottenere qualsiasi tipo di contenuto in formato digitale - a patto che conoscano la chiave di indirizzamento che permette di reperirlo. A differenza di quanto avviene su Gnutella, ogni elemento di informazione sul network non è stabilmente immagazzinato su un singolo computer, ma si sposta in continuazione da sistema a sistema, rendendo virtualmente impossibile seguire le sue tracce. E se anche un particolare file fosse rilevato su un PC, non ci sarebbe modo per chi indaga di sapere se è stato effettivamente prodotto su quel sistema o se vi è arrivato da un altro nodo, o da altri 300 nodi prima di quello sulla rete.

Ciò significa che non esiste una lista degli utenti, nessuno a cui far causa, e, insiste Clarke, che non c'è alcun modo di fermare Freenet. "E' davvero praticamente impossibile fermarlo per vie legali", ha dichiarato.

Nessun nome, per favore

Forse il vero fulcro della filosofia di Freenet e l'idea di anonimato. Clarke ritiene che l'anonimato sia l'elemento essenziale di una reale, illimitata libertà di espressione. "Se non hai la possibilità di rimanere anonimo, puoi essere punito per quello che dici, e questo scoraggerà gli altri a esprimere le proprie opinioni".

Questa idea ha trovato molti sostenitori, ma Esther Dyson, fondatorice della Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) di cui è anche a capo, non è tra questi. Nonostante condivida l'idea che il copyright debba essere superato, sostituito da nuove forme come per esempio performances pubbliche a pagamento di scrittori e artisti, nel suo libro "Release 2.0", la Dyson esprime riserve rispetto a quegli strumenti che incoraggino il ricorso all'anonimato nella società telematica.

"Quando la gente si muove nell'anonimato," scrive la Dyson, "non ha alcun incentivo a dire la verità; persone disoneste possono facilmente ingannare e imbrogliare per il proprio profitto. ... Inoltre, mediamente, chiunque sarà indotto a peggiorare la propria condotta."

Clarke non condivide questo genere di obiezioni, e dichiara che Freenet non incoraggia né scoraggia comportamenti scorretti. "Penso semplicemente che Freenet permetterà, a chi lo vorrà, di mantenere il proprio anonimato", dice. "Ciò che per alcuni è controllo, per altri è censura. Freenet è progettato per prevenire la censura. La censura attuata da una maggioranza o da una singola comunità non sono diverse, sono comunque censura".

Ma che ne sarà degli artisti?

Steve Jones considera le argomentazioni di Clarke molto problematiche. Apertamente favorevole alla censura, il capo del settore comunicazioni dell'Università dell'Illinois, a Chicago, è inoltre un sostenitore del copyright, e ne possiede una gran varietà. Ha infatti scritto libri, canzoni originali, ha pubblicato giornali scolastici e ha prodotto articoli per quotidiani e riviste.

Jones sostiene che, nel suo zelante tantativo di proteggere la libertà di parola, Clarke potrebbe aver perso di vista la reale funzione del copyright: quella di garantire ai creativi un compenso per il loro lavoro. "Non credo abbia mai scritto un libro o creato un CD", spiega Jones. "E credo non abbia affato capito la relazione che intercorre tra gli autori o i creativi e la loro opera".

Andrew Bridges, un avvocato che lavora con le nuove aziende mediatiche di Silicon Valley, ritiene che la retorica anti-copyright di Calrk sia semplicemente sbagliata. Il copyright ha ancora una sua funzione precisa, ha dichiarato il legale. "Ho sentito che la gente è disposta a pagare un sacco di soldi per l'informazione", ha dichiarato. "La settimana scorsa ho pagato 299 dollari per 50 grammi di software. Costa molto più di una bistecca".

A proposito delle opinioni espresse da Clarke riguardo l'industria musicale, che egli considera un esempio lampante dell'inadeguatezza del copyright (Clarke accusa le case di produzione di utilizzare le leggi sul copyright per impedire agli artisti di essere pagati, piuttosto che per proteggere il loro diritto a un guadagno), Bridges ha dato ragione a Clarke.

"E' un dato di fatto che qualsiasi legge sia soggetta ad abusi.", ha dichiarato. "E' un dato di fatto che i media abbiano tentato di abusare di alcune leggi per il proprio interesse. Dovremmo per questo sbarazzarci della legge buttandola dalla finestra? Non credo".

Charles C. Mann si è dimostrato in qualche misura più comprensivo. Mann, corrispondente per l'Atlantic Monthly, ha scritto per questa rivista, nel 1998, un lungimirante articolo sul diritto d'autore nell'era digitale, dal titolo "Who Will Own Your Next Good Idea? [Chi sarà il proprietario della tua prossima buona idea?]", nel quale sostiene che l'attuale legislazione sul copyright gronda difetti, ma che qualche livello di regolamentazione debba essere mantenuto.

Mann dichiara di comprendere molte delle argomentazioni di Calrke. Concorda, per esempio, sulla considerazione che il copyright impedisca una libera diffusione dell'informazione.

"E' palesemente vero", ha dichiarato. "Se posseggo il copyright del mio lavoro, posso controllare su larga scala la sua riproduzione. Non avrebbe alcun senso negarlo."

Ma sostiene che la situazione sia più complicata di quanto Clarke dia a intendere. "Il punto su cui, personalmente, mi trovo in disaccordo con Clarke è che non penso che qualsiasi tipo di controllo debba essere cancellato con metodi censorei", ha detto Mann. "E' un dibattito eterno".

Mann ha inoltre dichiarato che è difficile non simpatizzare per le opinioni di Clarke. "Le sua argomentazioni possono basarsi sulla considerazione che è decisamente più importante garantire libertà di espressione ai dissidenti in Cina, alla gente che in Africa lotta contro regimi terribili, e a quanti nell'ex-Unione Sovietica si battono contro la corruzione," ha dichirato Mann "piuttosto che assicurare alla Disney la possibilità di mungere qualche dollaro in più a Topolino."

Ma non tutti sono Walt Disney, non tutti hanno le sue entrate, e Mann ritiene che costoro abbiano ancora bisogno della protezione del copyright. Allo stesso tempo, dichiara Mann, il copyright non dovrebbe diventare una sorta di assegno in bianco che permetta all'industria di sfruttare in eterno i creatori di opere.

Riferendosi a Clarke, Mann ha dichiarato: "Ritengo sia sbagliato ignorare le sue convinzioni. Da un punto di vista sociale, ci sono un sacco di motivi per preoccupparsi, quando il campo d'azione delle leggi sul copyright comincia a estendersi troppo. ... La sua non è certo un opinione delirante."

E questo corrisponde più o meno al punto di vista di Steve Jones. Il quale è in disaccordo con molti dei principi su cui Freenet si basa. Come lo stesso Clarke ha ammesso, la sua è una visone del futuro della comunicazione senza compromessi, in bianco e nero. Tuttavia, Jones ritiene che alcune delle considerazioni di Clarke siano corrette, e spera che la gente dia loro il giusto peso.

"Ha opinioni molto salde e bene articolate, le quali, ritengo, spingeranno altra gente a ragionare su quali debbano essere i limiti del copyright," ha dichiarato Jones. "Se vogliamo raggiungere un compromesso ragionevole, credo che dovremo arrivare a definire questi limiti".

Freenet è online all'indirizzo http://freenet.sourceforge.net/

Espra è reperibile all'indirizzo http://espra.net/

L'articolo di Charles C. Mann qui citato è raggiungibile all'indirizzo http://www.theatlantic.com/issues/98sep/copy.htm

Tratto da Newsbytes.com, http://www.newsbytes.com

14:44 CST
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